“Amorosa presenza” – spiega Nicola Piovani – è un’opera in due atti che ha avuto una lunga incubazione. La prima idea risale al 1977, prima ancora che fosse pubblicato l’omonimo romanzo. Vincenzo Cerami mi parlò del libro che stava scrivendo e mi sembrò un soggetto perfetto per ricavarne un libretto d’opera. Avemmo una commissione verbale dal Teatro dell’Opera di Atene e cominciammo a lavorare serratamente alla scaletta e ai versi. Quando eravamo a circa metà del guado, la commissione greca si volatilizzò. Bussammo invano alla porta di qualche teatro italiano – in realtà lo facemmo con molta timidezza e troppo pudore. Insomma, il progetto è rimasto interrotto per tanti anni – non ho voglia di contarli. Di recente, quando ho raccontato questa storia in un’intervista a Il Piccolo di Trieste, ho detto anche: “della mia opera ne riparleremo alla prossima reincarnazione”. Ma il giorno dopo ho ricevuto una telefonata del dottor Antonio Tasca, direttore del Teatro Verdi, il quale mi proponeva di riprendere quel progetto nella presente incarnazione. Sulle prime ho titubato, ma poi mi sono lasciato convincere e mi ci sono buttato a capofitto, con molta euforia. Ho ricominciato a lavorarci con l’aiuto di Aisha Cerami. Grazie al Teatro Verdi di Trieste quest’Opera il prossimo gennaio vedrà la luce.
La versione 2021 di questa partitura – prosegue Piovani – è un po’ diversa dal progetto iniziale: negli ultimi decenni il linguaggio musicale ha praticato sentieri più aperti, meno ideologici, meno angusti e intolleranti di quelli battuti nel secolo scorso, si sono aperti spazi anche per la musica para-tonale. La partitura che ho scritto non si fa scrupolo di inglobare nei pentagrammi stilemi popolari, citazioni di generi diversi – dal tango di Piazzolla alla romanza di Tosti, dal duetto brillante rossiniano all’accento malinconico del blues, dalla cavatina classica ai ritmi di Dave Brubeck. Nel momento saliente del bacio finale, compare un accordo di dodici note, stile secondo novecento.
Ho scritto la musica di Amorosa presenza seguendo il mio istinto narrativo, scegliendo nell’armamentario dei tanti linguaggi che convivono nella nostra civiltà musicale e nella mia testa, accavallandoli e rielaborandoli in un patchwork lessicale che, a mio sentire, è la cifra più autentica per raccontare la contemporaneità, per musicare il mio oggi. E, in coerenza con questo linguaggio musicale fatto di schegge e citazioni, Amorosa presenza ha assunto il sottotitolo di Opera Semiseria.