Premio speciale della giuria a NICOLA PIOVANI
Per Epta, ovvero sette. Sette come le note, come le porte di Tebe, come i giorni della settimana. Sette sono gli angoli dell’ettagono, l’unica forma geometrica che i greci non riuscirono a disegnare, nonostante gli insegnamenti di Platone.
Nicola Piovani affronta il tema della matematica, legata al fascino del numero sette che da sempre è stato oggetto di studi e poesie.
Questa suite strumentale in sette movimenti per sette esecutori è un opera complessa che regala all’ascoltatore piccoli fermi-immagine che si snodano sul pentagramma.
Piovani riesce in ogni traccia a mantenere quella tensione e quella trama sinfonica che si ripete per tutta la suite senza mai cedere il passo all’improvvisazione.
Questo premio è un atto dovuto ad un’opera che nasce da un concetto matematico, e proprio per questo, ogni singola nota è frutto di espressioni algebriche, di una progettualità numerica che porta comunque tutto vero il risultato finale: “Epta”.
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA AL PREMIO OSCAR NICOLA PIOVANI
«Per me la matematica è come una donna mitica, irraggiungibile», confessa il compositore Nicola Piovani. «Leggo e capisco un quinto delle sue teorie, ma che importa… La teoria delle stringhe è come la Bibbia, una fiaba straordinaria, a cui credere con fede».
Epta è una suite orchestrale per sette musicisti che eseguono un ciclo di sette movimenti, scanditi da sette interventi di voci registrate che recitano frammenti di varia derivazione ispirati al numero sette, al suo fascino nella tradizione poetica, mitologica, biblica e nella matematica antica e contemporanea. Dai Sette contro Tebe di cui ci narra Eschilo, alla danza dei sette veli di cui ci narra, fra gli altri, Oscar Wilde; dal Settimo sigillo di Bergman a Shakespeare, a Carducci. Ognuno dei sette brani ha uno strumento principale che, da prim’attore, dialoga con gli altri sei.
“La seduzione del numero sette ha per me qualcosa di indefinibile, comunque poco legato alle implicazioni cabalistiche, o esoteriche, o paramistiche, con le quali ho poca frequentazione e confidenza. Il sentimento dominante di questa piccola suite nasce dalle peculiarità strettamente matematiche del numero sette, nelle quali mi ha guidato l’eccellente maestro Odifreddi, coniugate con la avvincente maestà delle Sette porte di Tebe, i sette eroi che le difendono e i sette che le attaccano – anch’essi eroi -, con lo Shakespeare del Come vi garba; e con l’incanto che subivo nella mia adolescenza per i versi di Giosuè Carducci nel sottofinale diDavanti a San Guido. Passando per il Settimo Sigillo di Bergman, il papiro di Rhind e i sette veli di Salomè. Non c’è molto ordine logico, e men che mai filologico, nel sottotesto di questa composizione. C’è semmai la ricerca-desiderio di mettere in ordine sul pentagramma una passione caotica e irrisolvibile, quella passione che si agita ogni volta che cerchiamo di guardare più in là di quel che ci è dato vedere e capire, come Sant’Agostino in riva al mare.”